giovedì 3 ottobre 2019

LA SPERANZA MUORE MAI?


Riflettevo su questa cosa,leggiucchiando un po‘ in rete:in effetti,dall’esterno,potrebbe sembrare che un malato non aspetti altro che essere “liberato” dalla sua condizione invalidante,da quel corpo trasformato in una prigione,da quel buio costante che vede dentro di sé… Ma forse… forse le cose non stanno esattamente così;o comunque,non sempre. Forse tutta questa bella storia del testamento biologico,del fine vita non ci è poi tanto chiara. Dovremmo iniziare ad ipotizzare vagamente che forse,quando ci troviamo in bilico,sul bordo del precipizio,l’ultima cosa che desideriamo è che qualcuno ci dia la spintina finale per poter cadere giù;mi sa che in quei momenti preferiremmo una mano forte a cui aggrapparci e che ci tiri via,in salvo.
Mi sono spesso interrogata sulla vicenda di Dj Fabo e su tante altre del passato:c’è stata la Englaro (il cui padre,paradossalmente,si è tanto battuto per ottenere la sua morte… proprio l’ultima persona da cui ci si aspetterebbe un gesto simile,quella che dovrebbe sperare fino all’ultimo,quella che normalmente spera che la sua vita finisca prima di dover seppellire sua figlia,ma vabbè… sorvoliamo un attimo),ci sono stati Alfie Evans,Charlie Gard (gli ennesimi “figli dello stato”,come nei migliori regimi toatalitari,quelli la cui sorte è stata decisa da dei giudici,passando sopra alla volontà dei genitori che avrebbero voluto prendersi cura dei loro figli,ma sorvoliamo anche qui) e poi Welby e poi chissà quanti altri,rimasti anonimi e nascosti dentro le corsie degli ospedali sparsi per il mondo… Siamo d’accordo sul non voler giudicare nessuno:è ovvio che nessuno possa immedesimarsi completamente nella mente e nello spirito di un altro essere umano,Dio solo sa cosa si agitava nella loro testa,però le azioni (quelle sì!) possiamo permetterci anche di giudicarle;se non altro,di valutarle;io non so se “staccare la spina” (piccola parentesi:in molti di questi casi,non c’è stata alcuna spina da staccare,perché i pazienti respiravano autonomamente,non erano supportati da ventilazione meccanica,né erano imbottiti di medicinali per farli stare in vita forzatamente;ma mi sa che bisognerà sorvolare anche su questo) sia la cosa veramente giusta,non so se queste persone avrebbero volontariamente premuto il tastino per smettere di vivere. Io,onestamente,nonostante abbia visto (purtroppo) molto molto da vicino (certamente molto più di quanto avrei voluto) andarsene un bel po’ di persone care,devo dire che non ho mai pensato di agire volontariamente sulla loro fine;non ho mai desiderato avere la siringhina magica per porre fine alle loro sofferenze,perché non credo sarebbe stato mio diritto farlo. Ho sperato che la loro agonia finisse il più presto possibile (preferibilmente con un lieto fine… ok,che poi non è arrivato),ho sperato che i farmaci potessero agire all’infinito e che ogni respiro sarebbe stato seguito da quello successivo… Ma io sapevo che in realtà,nelle loro menti,nei loro cuori,loro continuavano a sperare,nonostante tutto,di poter vedere un altro giorno. E poi un altro ancora. Dove tutto sarebbe stato più facile del giorno precedente e più difficile di quello successivo.
Non sempre questo è possibile… Ma la speranza resta.
Quella resta sempre.

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